Persecuzione in Italia

di Roberto Bracco




Questo lavoro è stato tratto dal sito della "Comunità Evangelica Pentecostale" dell'"Assemblea Cristiana Evangelica Chiesa ALFA e OMEGA" all'indirizzo web:
http://www.chiesadiroma.it/index.htm alla pagina interna: http://www.chiesadiroma.it/RBracco/Persecuzione/persecuzione.htm



Capitolo 4: Sale di riunioni



1. Le nostre "sale di riunioni"

1a. Stanze non confortevoli, ma sicure

1b. Posti fuori mano, in campagna

1c. Cave

1d. Posti generici

 




1. Le nostre "sale di riunioni"

Da questo punto del mio modestissimo lavoro desidero presentare alcuni bozzetti che illustrano, di riflesso, la vita emozionante vissuta dai fedeli nel periodo della persecuzione.

Questi bozzetti non hanno nulla di drammatico e non sono presentati in una forma linguistica che ne faccia materiale di lettura amena. Essi sono semplicemente la testimonianza di alcune scene di vita vissuta e si prefiggono lo scopo di fornire un'idea precisa della cornice che inquadrava l'attività della chiesa nel periodo al quale si riferisce questo volumetto.

Per seguire, direi, un ordine logico, presento come primo, fra questi bozzetti, quello sulle nostre “Sale di riunioni”.

1a. Stanze non confortevoli, ma sicure

I cristiani che si sono sempre raccolti in sale ampie e confortevoli, che hanno avuto sempre ventilatori o impianti di riscaldamento, forse non hanno mai immaginato di quali sale si sono dovuti servire i fratelli d'Italia nel periodo della lotta e della vita clandestina.

È necessario che dica, prima di ogni altra cosa, che queste «sale » (scusatemi se continuo ad usare impropriamente questo nome) dovevano, il più possibile, nasconderci agli occhi indiscreti dei nostri nemici e al controllo delle autorità.

Non potevamo fare delle scelte troppo accurate e le comodità dovevano essere dimenticate, perché il primo requisito era la segretezza.

Quindi le prime sale furono costituite dalle abitazioni dei fedeli che dimoravano nei quartieri più isolati della città. Generalmente erano delle piccole camerette povere e senza aria, ove però si accalcavano ugualmente decine e decine di fedeli.

Si respirava a fatica e non c'era la possibilità di muoversi. Pigiati uno accanto all'altro, bisognava soltanto aver cura di occupare meno spazio possibile, eppure in queste piccole salette, che trasudavano dai muri l'umido del nostro alito, era sempre gloriosamente presente la benedizione di Dio.

Uscivamo da quei luoghi con le nostre giacche attraversate dal sudore, con i calzoni attaccati alle gambe, con le fronti madide di sudore ed i volti accaldati, ma con la gioia di esserci riuniti e di aver insieme incontrato il Signore.

Fra tutte queste camerette ne ricordo particolarmente una. Era una povera stanza di una casupola in periferia; era larga forse tre metri e non era più lunga di tre metri e mezzo. Il soffitto scendeva perpendicolarmente e la parte più bassa poteva essere quasi sfiorata con il capo. Il pavimento era di cemento.

In questa stanzetta furono tenute centinaia di riunioni, interrotte di tanto in tanto da un arresto in massa operato dalla pubblica sicurezza.

Molti hanno trovato il Signore fra quelle mura e moltissimi sono stati battezzati con lo Spirito Santo.

Ricordo una delle operazioni di polizia effettuata mentre ci trovavamo raccolti nella stanzetta descritta.
Era una domenica ed eravamo raccolti per una riunione di preghiera.
I fedeli erano giunti sempre più numerosi ed ogni angolo, ogni spazio era stato occupato. I muri colavano letteralmente acqua; l’aria era pesante, ma tutto questo scompariva sotto la nuvola della gloria di Dio che era presente in quel luogo in un modo meraviglioso...

A questo punto cedo la descrizione ad un fratello che si trovava all’esterno della casupola. Egli non era potuto entrarci e si era posto a sedere sopra una altura distante un centinaio di metri.

“Giunse la polizia”, raccontò questo fratello, “e circondò la casa da lontano; sembrava che dovesse compiere un'operazione pericolosa: gli agenti si stesero a terra in attesa di un segnale. Improvvisamente il comandante diede il segnale e tutti, come un uomo solo, si rizzarono in piedi e presero a correre verso la casa stringendo il cerchio intorno ad essa. Quando si accorsero che non c’era pericolo o resistenza, aprirono violentemente la porta ed entrarono... ma fatto un passo dentro, ne fecero prontamente due indietro: l'aria era assolutamente irrespirabile.

Allora, con voce concitata ed irosa, ci ordinarono di alzarci e di venir fuori. Fummo costretti ad ubbidire e ad uscire. dieci, venti, trenta... Il numero aumentava sempre più sotto gli occhi meravigliati della polizia che non riusciva a comprendere come da quella casupola potessero uscire tanti individui. Quaranta, cinquanta, sessanta, settanta...

«Ma come avete fatto- gridarono –ad entrare in quel luogo? Non avevate paura di asfissiarvi?»

In oltre settanta uscimmo da quella specie di antro, fornito di una piccolissima finestra che, d'altronde, eravamo costretti a tener chiusa per far spandere il meno possibile le nostre voci. Oltre settanta, cioè sette od otto persone per ogni metro quadrato di spazio”.

O cara stanzetta, quante benedizioni abbiamo raccolto dentro di te! Quante volte abbiamo ripensato alle riunioni da te ospitate e abbiamo ripensato ad esse con nostalgia!

Molte delle riunioni ospitate fra le pareti ampie e confortevoli delle sale di oggi sono prive della benedizione che arricchiva le riunioni di culto tenute in quella saletta che ci dava umidità, caldo asfissiante, mancanza d'aria.

1b. Posti fuori mano, in campagna

Purtroppo, anzi, queste piccole sale di riunioni non furono disponibili sempre, perché, con l'aumentare delle misure di controllo della pubblica sicurezza e col succedersi degli arresti, le case disponibili divennero sempre in minor numero ed un giorno fummo costretti a cercare altrove, fuori delle case, le nostre sale di riunione.

Diversi fratelli, forniti di bicicletta, si misero alla ricerca nelle zone estremamente periferiche della città, di campagne deserte, cave, grotte, boschi che comunque avessero potuto accoglierci.

Furono individuati diversi posti apparentemente adatti per le nostre necessità. Cominciammo così il nostro esodo notturno e domenicale verso queste nuove sale di riunione.

Una campagna generalmente non riesce a nascondere come una casa e quindi per raggiungere nel miglior modo possibile il nostro scopo erano stati scelti campi o località campestri lontanissimi dall’ abitato, dalle strade e quindi dall'indiscrezione di passanti occasionali.

Questo criterio di scelta ci costrinse però a compiere ogni sera chilometri e chilometri di strada, talvolta nel buio più profondo, e a superare terreni pericolosi ed accidentati.

Ricordo a questo proposito la dichiarazione di un poliziotto, in una sera che ci arrestarono: “Ogni volta che vengo a cercarvi per prendervi, devo lacerare un paio di calzoni! Come fate a trovare questi luoghi inaccessibili?”

Non posso nascondere che il disagio e la fatica erano notevoli. Ogni sera bisognava affrontare gli stessi pericoli e la medesima fatica e dopo le riunioni, se si riusciva a rientrare nelle nostre abitazioni, si doveva constatare che avevamo sorpassata notevolmente la mezzanotte.

Eppure in quelle campagne umide, seduti a terra e sferzati talvolta dal vento e dal freddo, noi godevamo la medesima gioia dei cristiani delle catacombe.

1c. Cave

Qualche volta non era un campo ma una cava che ci accoglieva fra le sue spettrali braccia di pietra.

Erano generalmente cave abbandonate che presentavano lo spettacolo desolante di un lavoro lasciato a metà. Lì, su quei massi sparpagliati in ordine disordinato, fra quella polvere che ci affondava, noi ci sentivamo nella nostra sala di riunione davanti al Signore.


Ricordo, fra tante, le cave di Via Ardeatina, con le sue grotte sotterranee che usavamo per le riunioni di preghiera.

Bisognava percorrere, per arrivarci, una strada che sembrava non dovesse mai finire, ma quando eravamo lì, quale gioia, quali benedizioni ci colmavano l'anima ed il cuore.

Le ricordo in modo particolare fra tutte, perché sono tornato diverse volte a visitarle. Esse sono divenute, ironia della sorte, monumento nazionale, perché proprio nel cuore di queste cave, furono trucidati dalle truppe tedesche 335 Italiani.
Questi poveri infelici sono ora seppelliti nel medesimo luogo ove sono stati uccisi; nel medesimo luogo ove noi abbiamo lodato il Signore.

Fra gli uccisi c'era anche un credente della nostra comunità, preso assieme agli altri ostaggi e trucidato con loro per rappresaglia.


Io mi sono chiesto tante volte se quel caro fratello avrà riconosciuto, in quel luogo ove ha perduto la vita, il medesimo luogo ove ha glorificato il Signore.

Oltre le cave, come già ho detto, ci servimmo di altre sale di riunioni, e fra queste ci furono anche delle grotte ospitali.

Nel seno della terra, illuminati da alcune torce e da qualche lampadina tascabile, fummo imitatori perfetti dei cristiani delle catacombe.

Ci sentivamo veramente in comunione con essi, e quei luoghi, nei quali non filtrava nessuna luce esterna e dove non giungeva aria di ricambio, diventavano i più suggestivi luoghi di riunione che si potessero immaginare.

1d. Posti generici

Anche le grotte furono disponibili soltanto per un periodo di tempo e fummo costretti a cercare altre “sale”, altri luoghi di riunioni.

Località inaccessibili, piccoli burroni nascosti, boschi abbandonati, spiagge fluviali irraggiungibili: tutto fu sperimentato e tutto fu usato.

I pericoli e i sacrifici venivano posti fuori delle nostre considerazioni, perché l’unico scopo era quello di essere riuniti insieme per lodare il Signore ed offrire il nostro culto spirituale al Suo nome glorioso.

Non voglio far pensare che questo continuo mutamento di luoghi di riunione ci tenne lontani dalla polizia. No!

Anche in questi vari luoghi eravamo raggiunti sistematicamente dalle autorità esecutive ed arrestati e imprigionati.


In quest'ultimo caso le celle carcerarie diventavano le nostre sale di riunioni ed anche in quei luoghi di dolore e di sofferenza il nostro canto di lode si elevava affettuoso e sincero nel cospetto di Dio.